Affacciato sulla piazza detta “della Meridiana”, il palazzo per più di un secolo, con il suo giardino, ha fatto da sfondo alla Strada Nuova, impedendone, insieme a quello di fronte, di Gerolamo Grimaldi, la prosecuzione verso ponente, avvenuta solo negli anni settanta del Settecento (1786) con l’apertura di Strada Nuovissima (oggi via Cairoli). L’edificio sorse tra il 1626 e il 1628 su committenza di Giovanni Battista Brignole, che lo fece edificare da Bartolemo Bianco, già attivo in molti dei più importanti cantieri cittadini, su alcune preesistenze in possesso della propria famiglia e di quella dei De Franchi. Iscritto nel rollo del 1664, il palazzo aveva l’accesso sul vico di Santa Maria degli Angeli, sul quale affacciava anche con una loggia, e aveva una distribuzione architettonica di atrio-scalone improntata sulla necessità del “costruire in costa”. Un accesso che poi, in conseguenza dell’apertura della Strada Nuovissima e la nuova distribuzione delle polarità urbane, venne spostato sulla nuova percorrenza: è in questo momento che i grandi telamoni di Filippo Parodi che segnavano l’ingresso al grande giardino vengono apposti ai lati del nuovo portale. In questo contesto cambia anche la morfologia architettonica dell’atrio, che viene ribassato per adeguarlo ai nuovi livelli dell’urbanizzazione, e della facciata, riadattata con una nuova impaginazione neoclassica. Passato a metà Ottocento ai Durazzo, l’edificio fu oggetto di alcune varianti dal punto di vista architettonico, tra cui la chiusura del grande terrazzo rivolto a sud, e della decorazione del portico anteriore da parte di Federico Leonardi, che ne decorò la superficie voltata coi i moduli della grottesca neocinquecentesca e dell’atrio da Giuseppe Isola.
La magnificenza che i Brignole vollero per la propria dimora nel corso del Seicento e del Settecento è ancora oggi testimoniata dagli affreschi che sfondano illusionisticamente le volte delle sale del piano nobile, dove Gregorio e Lorenzo De Ferrari hanno affrescato storie di Flora, Prometeo che dà vita alla statua, Aurora e Diana in cerca di Endimione. Di altissimo pregio anche i busti marmorei conservati nel salone principale del piano nobile: al busto “autoctono” scolpito da Jacopo Antonio Ponzanelli per ricordare il costruttore del palazzo – Giovanni Battista Brignole – si accompagnano, a partire dal 1854, tre busti della famiglia Durazzo, eseguiti – in momenti diversi – da tre dei maggiori scalpelli genovesi: Filippo Parodi, Francesco Maria Schiaffino e Nicolò Traverso.